Mercatino dell'Antiquariato

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Villabassa, Luglio 2013.

La Rocca dei Baranci.

La Rocca dei Baranci.
Enrosadira e nuvola.

Nuvole

Nuvole
Nubi sopra l'Asilo di Villabassa

Luigi

Luigi
Luigi Villa sulle Dolomiti di Braies (verso il Campo Cavallo).

Francesco e Domenico

Francesco e Domenico
Io con Domenico, Giuliana e Francesco ai Prati di Croda Rossa nel Luglio 2009.

Pension Vitalhof Hirben

Pension Vitalhof Hirben
Il posto dove tutto è cominciato...

1000 Anni di Villabassa

1000 Anni di Villabassa
Barbara con alcuni bambini sul trenino

L'Autore

L'Autore
Sulla vetta del Monte Nero

Flavia, Sara e Claudia sono tre ragazze del nostro gruppo. In gamba.



Presentazione


Questo blog è dedicato alla stupende montagne dell'Alta Pusteria e dintorni, dove per oltre 25 anni ho percorso i sentieri, le vie ferrate e le Alte Vie delle Dolomiti di Sesto, che costituiscono l'attrazione principale di questa bellissima valle.
E' anche un omaggio dell'Autore agli amici incontrati lassù, un'amicizia dalla quale nacque la mitica "Cordata Hirben" le cui escursioni merita senz'altro di raccontare.

Un altro scopo del blog è quello proporsi come guida escursionistica della zona e di descrivere le curiosità, le manifestazioni e le opere d'arte della Val Pusteria che fanno di questo territorio un piccolo monumento naturalistico e folcloristico (nella migliore delle accezioni) che non cesserò di raccomandare a chi ama la natura, la vita sportiva e la Bellezza in una delle sue forme più elevate.

Roberto Mulinacci

ESCURSIONE 5: IL CRISTALLINO DI MISURINA

Pubblicato da Roberto Mulinacci 25 dicembre 2009 0 commenti

Il Cristallino di Misurina è una cima appartenente all'ancora poco esplorato Gruppo del Cristallo.
Non è una cima molto elevata (2775 m.), purtuttavia si fa notare per la sua posizione particolare; è infatti la punta più settentrionale ed è quella che, escluse le tre vette regine del Gruppo, le due del Cristallo e il Piz Popena, si riconosce facilmente dalla Val di Landro e dal lago omonimo.
Il Cristallino di Misurina (da non confondersi col Cristallino d'Ampezzo, facilmente raggiungibile quest'ultimo da chiunque percorra anche parzialmente il sentiero attrezzato Di Bona proveniendo dal Rifugio Lorenzi) è una vetta assai panoramica con la sua parete nord direttamente sprofondante verso la Val Popena Bassa ed è anche famosa per le sue vicende belliche. Nei pressi e sulla cima della montagna infatti, stante la sua importanza strategica, gli italiani avevano costruito ricoveri, osservatori, fortificazioni e baracche per presidiarla durante la Grande Guerra e ancora oggi un sentiero, assai poco frequentato (e assai mal tenuto) ne permette la visita per chi voglia raggiungere la cima proveniendo da sud-est.
Eravamo in cinque quella mattina (io, Giuseppino, Gaetano, Marco, Claudio e Francesco) quando ci impegnammo in quella scalata. Devo dire subito che non si tratta di una arrampicata vera e propria; richiede piuttosto adeguata resistenza e allenamento perché il percorso non è breve e la salita ed il ritorno al punto di partenza occupa tutta una giornata.
L'auto si lasciò in uno slargo che si trova su un'ampia curva nella statale che va da Carbonin a Minurina a quota 1650 circa. La curva è assai ben individuabile perché la strada in quel punto volta strettamente con un angolo di quasi 100 gradi prima di superare un ponte sul Rio Popena. Un palo con un indicatore indica il Sentiero Dolomitico N. 3 (Segnavia 222).
Si sale leggermente, prima nel bosco, poi risalendo il letto asciutto del Rio Popena. Occorre stare attenti a non perdere la giusta direzione perché le segnalazioni rosse, almeno quando noi percorremmo il sentiero, sono rade, sbiadite e poco visibili.
Il panorama qui non si apre e si sale, abbastanza monotonamente nel bosco, salendo assai poco di quota in quella che è chiamata la Val Popena Alta fino a quando non si giunge ad uno strano segnavia: un ometto di sassi singolarmente alto e sottile.
Quello è l'indicatore che ci conferma di essere sul sentiero scelto (il 222); poco dopo, in prossimità di una curva verso est, ecco la traccia che volge a nord ovest: quella è la via che dobbiamo prendere.
Ora il sentiero si fa sempre più ripido anche se si può procedere di buon passo. Ci si inoltra, risalendo i tornanti, nella cosidetta Val delle Baracche fino a che questa giunge proprio in prossimità delle prime rocce del Cristallino (2300 m. circa). Ora occorre piede fermo: alcune (scarse) corde metalliche ci aiutano a superare un canalone oltre il quale si notano, alla nostra destra, due strane guglie rocciose. Da qui occorre salire facendo bene attenzione ai segni rossi e agli ometti di sassi; ora la salita è assai ripida e anche se alcune staffe di ferro aiutano a procedere non bisogna mai perdere la concentrazione. Accanto a noi, moltissime vestigia della Grande Guerra: baracche in decomposizione, grotte con resti di attrezzature varie, rotoli di filo spinato arrugginito, posti di vedetta semidistrutti e resti di quelli che probabilmente erano i malsicuri ricoveri delle truppe mentre dietro di noi, vicine, sorgono i tremila del Gruppo del Cristallo: il Piz Popena e le due cime del Cristallo. Dopo un altra mezz'ora di salita si comincia a capire di essere vicini alla cima. Il sentiero ora diviene meno ripido e volta a destra; si sente il vento che proviene dalla valle sottostante. Un ultimo sforzo ed eccoci in cima. Venti minuti di meritato riposo davanti ad un panorama meraviglioso, il tempo per scattare qualche foto e poi, per levarsi dal vento, tutti dentro una grotta che pare trovarsi lassù apposta perché si possa consumare il nostro frugale pasto con un minimo di comodità.
Ricordo la nostra contentezza: non pensavamo che la salita fosse così impegnativa ed eravamo felici di avercela fatta.
Poi, il ritorno: fino al bivio per la Val delle Baracche seguimmo il sentiero che avevamo percorso all'andata, da qui invece, proseguimmo per un poco sul sent. 222 fino a che questo non si incrocia con il 224. Preso questo sentiero, in breve ci portò direttamente al Lago di Misurina da dove, seguendo la strada asfaltata per Carbonin, tornammo al punto dove avevamo lasciato l'auto.

SENESE IN PUSTERIA

Pubblicato da Roberto Mulinacci 0 commenti

Ho deciso di pubblicare (a puntate beninteso), il famoso libro che dà il nome a questo blog e che si intitola "Senese in Pusteria".
Ogni mese ne pubblicherò un capitolo e poiché ogni capitolo sarà indirizzato in una lista di link sulla colonna destra del blog, ecco che, alla fine, l'intero libro sarà disponibile a chiunque lo voglia leggere o stampare.

ESCURSIONI 4: IL MONTE PIANA

Pubblicato da Roberto Mulinacci 10 novembre 2009 1 commenti


Il Monte Piana è quel grande cupolone scuro che fa da argine alla sponda orientale del Lago di Landro, quel romantico specchio d’acqua che si incontra, pochissimi chilometri dopo Carbonin, quando si percorre la statale che porta da Cortina (o da Misurina) a Dobbiaco. Nonostante l’aspetto banale che rischia di farlo apparire poco interessante al cospetto delle meravigliose cime che lo circondano, il Monte Piana è una montagna importante. Anzi, importantissima; e per diversi motivi.
Il primo motivo è, direi, scenografico. Monte Piana si trova in una posizione assai particolare, parlando di un ambiente dolomitico. Si erge (anzi, si situa, poiché il verbo ergersi mal si adatta alla sua scarsa altitudine che supera di poco i 2300 metri e alle scarse difficoltà alpinistiche che la sua salita comporta) tra alcuni dei più celebri gruppi dolomitici con i quali però non pare abbia niente da spartire. E’ isolato e da ogni lato presenta delle pareti lungo le quali si snodano almeno 4 sentieri di accesso che portano, con difficoltà variabili, alla sua piatta sommità (e, per gli amanti delle emozioni c’è anche una via ferrata che sarebbe sbagliato considerare come elementare).
L’altro motivo che rende la visita di questa montagna, oltre che consigliata, addirittura doverosa, è quello legato alla sua importanza storica; su questo monte infatti, dal 1915 al 1917, si fronteggiarono, in una epica e drammatica guerra di posizione gli eserciti italiano ed austriaco che occupavano rispettivamente la parte sud (Monte Piana) e la nord (Monte Piano) separate tra loro da una poco incavata depressione chiamata la Forcella dei Castrati. Gli italiani erano determinati a conquistare la sommità settentrionale della montagna che avrebbe consentito loro di controllare la sottostante Val di Landro dove passa la strada che porta a Dobbiaco. Gli austriaci, consapevoli dell’enorme importanza che Monte Piano rivestiva per la sopravvivenza dell’intero fronte dolomitico si opposero accanitamente agli avversari; ne scaturì un epico confronto che dette origine ad una sanguinosissima guerra di trincea costellata da una serie innumerevole di scontri, assalti, agguati, attacchi alla baionetta e da episodi di eroismo assolutamente straordinari. Inutile dire che tutto il sangue versato da coloro che morirono in battaglia e da quelli che restarono vittima delle tremende condizioni climatiche (le valanghe) fu assolutamente inutile e nessun esercito prevalse sull’altro. Oggi il monte è un museo all’aperto e la visita delle trincee, dei capisaldi, delle gallerie che percorrono, scavano e costellano tutta la sua superficie tormentata è uno spettacolo tragico, impressionante e commovente oltre che un monito deterrente contro la follia della guerra.
Sono stato diverse volte sul Monte Piana; la prima volta, molti anni fa, con mia moglie, passando per la via d’accesso più facile e confortevole e cioè arrivando con l’auto, provenendo da Misurina, fino a pochi tornanti sotto il Rifugio Bosi, situato sul bordo meridionale del monte.
Sono salito, con alcuni amici del nostro gruppo, anche da est, per il sentiero che si diparte a destra di quello che porta dalla Capanna Rienza alla Casera Rimbianco: è una salita poco frequentata ma affascinante perché sbocca vicinissimo alle ex-postazioni austriache dette della Guardia di Napoleone che meritano una visita. Se si combina la sua salita con il ritorno, che può avvenire, dopo aver visitato la sommità del monte, scendendo al Lago di Landro per il Sentiero dei Pionieri, ecco una bellissima escursione circolare di una intera giornata, varia, appagante, piuttosto faticosa e abbastanza impegnativa.
Un giorno sono salito su Monte Piano insieme a Giuseppino affidandoci alle (scarse) attrezzature della Ferrata Bilgeri. Non pensavo a certe difficoltà quando convinsi facilmente il mio amico, fresco di imbracatura nuova di zecca, ad inaugurarla con quella ascensione che consideravo, mal consigliato da qualche vecchia pubblicazione, facile e sicura. Proveniendo dal Lago di Landro e salendo per il Sentiero dei Pionieri, ecco che l’attacco alla ferrata si trova già verso quota 2000. C’è la tabella con l’indicazione e, in alto, sulla sinistra, si vede la prima corda metallica che ci invita alla salita. Per sgombrare il campo ad equivoci bisogna subito dire che la salita per la ferrata Bilgeri è bellissima ed emozionante. Si va su in verticale proprio a strapiombo sul lago sottostante la cui vista è talmente bella e meritevole che, ad un certo punto, si trova persino una panchina (!) istallata a perpendicolo sul vuoto chissà da chi e chissà quando, ma che si rivela utilissima a chi volesse scattare delle fotografie. La ferrata sale deviando verso sinistra e le sue attrezzature, poco a poco, cessano. Dapprima si incontrano delle corde disancorate, poi alcuni tratti mancanti, poi, dulcis in fundo, quando ci aspetta l’ultimo tratto per spuntare sulla piatta sommità del monte, ecco che le corde metalliche cessano del tutto. Beh, credetemi, non è una situazione piacevole; anche se non proprio verticale, la salita che ci aspetta è ancora parecchio esposta. Fatto un bel respiro, senza più guardarsi indietro, stretti alle rocce e sguardo volto in alto, via! Gli ultimi metri fatti quasi di corsa ecco che si sbucò dal nulla (così almeno poteva sembrare) proprio a due passi dalla grande croce di vetta di Monte Piano, la Croce di Dobbiaco fra lo stupore dei molti escursionisti che erano lì intorno a scattare fotografie e che a tutto pensavano salvo che qualcuno potesse arrivare fino a lì dallo strapiombo vertiginoso che si apre sulla valle sottostante. Oggi non so se la ferrata Bilgeri è stata riattrezzata a norma ma, se non sentite niente al riguardo, non vi consiglio di affrontarla: bisogna essere temerari e non tutti lo sono come noi lo eravamo.

Escursione consigliata (Sentiero dei Turisti):

Due o tre anni fa, sono salito sul monte insieme a Gaetano. Ricordo che abbiamo scattato innumerevoli foto ed io ho approfittato della presenza del mio amico per girare anche un film-documentario a ricordo di quella escursione.
Circa duecento metri dopo che dal bivio di Carbonin si è imboccata la strada per Misurina e prima di incontrare il ponte della Marogna, si può lasciare l’auto in uno slargo che si intravede sulla sinistra. Da qui parte il sentiero segnato 6A (o Sentiero dei Turisti) che, salendo in diagonale lungo il fianco occidentale del monte, porta alla Forcella dei Castrati (e quindi in vetta).
Il sentiero è bellissimo e panoramico poiché sale sempre in vista del lago di Landro, di Carbonin e della Croda Rossa di Braies. Salendo si incontrano diversi reperti della Grande Guerra che è interessantissimo visitare: postazioni di mitragliatrici, ricoveri in caverna e costruzioni militari in calcestruzzo.
Quando poi si giunge in vista della grande croce che si trova sulla sommità di Monte Piana (verso quota 2000) troviamo anche alcune attrezzature fisse (corde metalliche, scalette, ponticelli) che aiutano a superare i punti più esposti. Giunti alla Forcella dei Castrati, il più è fatto. Consiglio di salire a quello strano manufatto chiamato Piramide Carducci che indica il punto di massima altitudine del monte e da lì andare fino alla grande croce che si trova sul bordo occidentale dove si può godere di un panorama eccezionale sul Monte Cristallo, la Croda Rossa e il Picco di Vallandro.

Accesso da nord-ovest (Sentiero dei Pionieri).

Dal grande parcheggio che si trova sulla statale, proprio davanti all’Hotel Tre Cime, ci si dirige verso il lago, contornandone la sua sponda settentrionale. Giunti presso la sua sponda est incontriamo il Sentiero dei Pionieri, il più famoso tra quelli che portano sul monte. Il sentiero sale con larghi tornanti, dapprima tra i mughi, poi, sempre più ripidamente snodandosi lungo la ripida parete nord occidentale (la più verticale) del Monte Piana. Ad un certo punto del sentiero (verso quota 1950), si incontra l’attacco della ferrata Bilgeri un piccolo cimitero di guerra austriaco posto in posizione panoramica davanti a Monte Rudo.
Anche il Sentiero dei Pionieri è assai panoramico: sale direttamente lungo la parete che sovrasta il lago di Landro e permette alcune bellissime vedute dei Rondoi, di Monte Rudo e di Monte Specie. Quando si supera quota 2000 ed il sentiero sale, abbastanza esposto, addossato a quinte di roccia, troviamo anche in questo caso alcune corde fisse che aiutano a progredire nei punti più pericolosi. Prima di giungere alla cima (il sentiero sfocia in vetta presso l’estremità settentrionale del monte (Monte Piano), si incontrano ricoveri, grotte, ed una scalinata scolpita nella roccia che testimoniano la grande importanza strategica che gli austriaci attribuivano a questo monte. Giunti in cima, consiglio di andare subito verso la grande croce panoramica (chiamata Croce di Dobbiaco) che segnala la massima altitudine di Monte Piano (quella dell’intero monte si registra invece, come ho detto, alla Piramide Carducci). Qui, il monte è addirittura affascinante. Il suolo è tormentato, formato da un lastrone granitico dove si aprono fessure profonde e il panorama, sublime. A destra, proprio accanto alla croce, sfocia la Ferrata Bilgeri, e per ogni dove, lungo i fianchi della montagna, si possono osservare i resti delle fortificazioni, degli accampamenti e dei rifugi che l’esercito austriaco aveva approntato per la difesa di queste postazioni. Se andiamo verso sud, lungo il versante orientale, godiamo di vedute meravigliose sull’Arghena, sullo Scoglio di San Marco e sulle Tre Cime di Lavaredo; per ogni dove, lungo cenge esilissime o dovunque fosse possibile approntare un riparo, si snodano espostissimi sentieri di guerra e lungo orride pareti verticali si affacciano aperture, feritoie, ingressi di grotte dove migliaia di soldati passarono quasi tre anni in condizioni terribili.
Detto che l’insieme di tutte le opere belliche restaurate, sia italiane che austriache, forma un affascinante ed interessantissimo Museo all’aperto (la cui visita della durata di circa 4 ore ma consigliatissima, conviene iniziare dal Rifugio Bosi) suggerisco ai camminatori allenati, curiosi ed innamorati di questo genere di escursioni di abbinare insieme il Sentiero dei Turisti con quello dei Pionieri in una stupenda escursione circolare. Lasciata l’auto sullo slargo della statale per Misurina si può salire al monte per il sentiero 6° (Turisti), visitare la sommità dalla Capanna Carducci alla Croce di Dobbiaco e quindi scendere al Lago di Landro con il sentiero 6 (Pionieri). Il ritorno dal lago all’auto, costeggiando la sponda orientale del lago, è una semplice passeggiata. Impegno notevole, di una intera, indimenticabile, giornata.

ESCURSIONI 3 : Tra i monti di Braies

Pubblicato da Roberto Mulinacci 2 novembre 2009 0 commenti



Il Lago di Braies è indubbiamente una delle mete più note e frequentate della Val Pusteria; si trova al termine della strada che, partendo dalla statale della Pusteria tra gli abitati di Monguelfo e quello di Villabassa, si inoltra a sud in direzione dell'alta mole della Croda del Becco.
Certamente molti dei visitatori del lago non avranno voluto rinunciare a compierne il giro: si tratta di poco più di una passeggiata per niente impegnativa ma che permette di godere di panorami assai suggestivi.
Bene, per coloro che si sentono abbastanza allenati e che sono amanti del trakking alpino, voglio consigliare una escursione circolare tra i monti di Braies che feci non più di tre anni fa in compagnia di Giuseppino, Francesco, Domenico e Luciana; si tratta di una lunga e remunerativa camminata sportiva di qualche ora (bisogna dedicarci una intera giornata) che permette di esplorare le vie d'accesso alle più alte montagne di questa zona.
Si parte e si ritorna dal punto di partenza più comodo ed ovvio: il parcheggio che si trova al termine della larga strada che porta al lago, proprio vicino al grande Albergo Emma.
Da qui si imbocca la stradina che contorna il lago sulla destra e, in un quarto d'ora o poco più, si arriva alla sponda meridionale; dopo una piccola deviazione sulla sinistra si può imboccare il sentiero segnato numero 4 (o 1) che, risalendo inizialmente il grande ghiaione detritico che scende dal versante orientale della Croda del Becco, porta in un'oretta circa, ad un segnavia. Ci troviamo a circa 2000 metri di quota; ora bisogna risalire il segnavia 4 che devia sulla sinistra (a destra arriveremmo al Rifugio Biella) e che, dopo un percorso ondulato abbastanza agevole, ci conduce ad un altro bivio importante (quota 2250 m.).
Da qui si può andare verso la forcella Cocodain (a sinistra) o, se seguissimo quello che è stato finora il nostro indicatore (il 4), verso la Baita del Cavallo; noi prendiamo invece il sentiero numero 28 che volge a nord; sale in progressione sensibile solo per un breve tratto, poi (2300 m.), si stabilizza in un lungo percorso a saliscendi ma senza pendenze importanti.
Dopo circa due ore da quando lo abbiamo imboccato, il sentiero 28 incontra due importanti deviazioni che scendono verso est: si tratta di due sentieri, il 30 e il 29, che permetterebbero, in caso di bisogno, di scendere in breve tempo a Ponticello, sulla strada di Braies.
Noi però continuiamo sul 28 e dopo una breve salita eccoci finalmente sulla Sella dei Camosci (2443 m., foto), la prima meta importante della nostra escursione.
La Sella (o Forcella del Camoscio) si trova tra le due montagne più alte di questa regione alpina: il Campo Cavallo Grande (2559 m.) sulla destra, e il Campo Cavallo Piccolo (2594 m.) sulla sinistra.
Chi volesse salire su quest'ultima montagna basta che risalga il crinale dalla forcella fino alla cima: le difficoltà sono minime e si richiede solo piede fermo e assenza di vertigini; per chi preferisse salire sul Campo Cavallo Grande, io consiglio di scendere per un poco il sentiero 29 fino ad una evidente diramazione e da lì, seguendo i segni rossi e le indicazioni, salire in cima.
Dalla Sella dei Camosci la vista si apre su un panorama vario e per certi versi inaspettato: a destra possiamo osservare dall'alto la Valle di Braies e San Vito; a sinistra, al di là di una profonda depressione ghiaiosa, ecco, pressapoco alla nostra altezza, la cima del Sasso del Signore, il monte più noto di questa parte di territorio.
Bisogna dire che la veduta imprevista del sentiero che scende al di là della Sella può avere un effetto scoraggiante su alcuni escursionisti poco preparati a questo genere di (minime) difficoltà; dopo ore di camminata assolutamente tranquilla lungo un altipiano principalmente pianeggiante ecco che ci si trova improvvisamente sul bordo superiore di una larga insellatura con la prospettiva di dover scendere per un ghiaione ripido, lungo ed esposto afidandosi ad una stretta traccia tortuosa: la prospettiva può spaventare i meno avvezzi a questo genere di imprevisti.
Niente panico. Esaminiamo la situazione con calma, saggiamo il sentiero che ci accingiamo a percorrere: è tutto sotto controllo e basta iniziare la discesa che ci accorgeremo di quanto i timori, se c'erano, fossero stati infondati. Comunque, se proprio non ce la sentiamo di scendere da questa parte, possiamo prendere il sentiero 29 che abbiamo da poco superato e seguirlo fino a Ponticello; da lì si potrà sempre chiedere un passaggio per tornare al lago.
Al termine della discesa il sentiero 28 sfocia nel 58: è questo il nostro nuovo segnavia. Seguendolo a sinistra (ovest) ci porterà al nostro punto di partenza.
Saliamo solo un poco fino ad incrociare l'indicazione per la traccia che porta sul Sasso del Signore: una salita bellissima che ci serbiamo per un'altra occasione. Ora scendiamo per il sentiero 58 che, assai accidentato scende lungo la depressione chiamata Lavina Bianca; al termine ci porta a destra. Rivediamo il lago; da quassù dominiamo la sua sponda meridionale (foto); si tratta di un posto ideale per tirare finalmente il fiato e scattare delle foto (c'è anche una insperata ma utilissima panchina).
Il 58 scende sempre contornando il lago dall'alto; in certi punti un poco esposti troviamo delle corde fisse che ci aiutano nel cammino ma ormai il più è fatto. Il sentiero infatti, dopo aver deviato a nord-est come a far finta di portarci fuori strada, torna in sé virando ad ovest con una larga curva e, scendendo, si immette finalmente nella stradina sterrata che contorna il lago: pochi minuti e siamo alla macchina.

ESCURSIONI 1 - MONTE SERLA (2378 m.)

Pubblicato da Roberto Mulinacci 27 ottobre 2009 0 commenti




Il Monte Serla è la montagna di Villabassa.
E’ un alto costolone che, in questo tratto, fa da argine meridionale alla Val Pusteria ed è caratterizzato da due cime abbastanza importanti che caratterizzano il panorama della valle nel tratto che va da Monguelfo a Dobbiaco: Monte Serla e Monte Lungo. Entrambe le cime, come tutte quelle che si affacciano da sud sull’Alta Val Pusteria (come i monti di Valdaora) presentano un versante settentrionale roccioso e ripido ed uno meridionale brullo e poco inclinato che determina assai minori difficoltà nella salita.
Alla cima del Monte Serla (2378 m.) si può accedere da due itinerari principali, quello più naturale è più lungo (oltre 1200 metri di dislivello) e parte direttamente dall’abitato di Villabassa, l’altro, che inizia dai pressi dei Bagni di Braies Vecchia, in Val di Braies, ha il vantaggio di far risparmiare almeno 200 metri di dislivello e oltre mezz’ora di tempo almeno fino a Malga Pozzo, quando anche questo sentiero confluisce nel primo.
Ricordo che fu uno dei primi, se non il primo itinerario che feci, il primo anno che passai le vacanze a Villabassa; mio compagno di escursione fu Luigi Villa e con lui, Carletto e Aldo Lindenfels, il nucleo storico del Gruppo Hirben.
Dal centro del paese ci si avvia verso est, costeggiando la massicciata della ferrovia fino ad attraversarla. Seguendo l’indicatore per i Bagni di Pian di Maia (Bad Maistatt) si sale per leggera salita traversando i verdissimi prati pusteresi fino ad un bivio.
A sinistra si giunge direttamente in pochi minuti ai Bagni di Pian di Maia e, volendo proseguire, a Dobbiaco (bellissima passeggiata panoramica), a destra invece, seguendo il sentiero 15 (Via dolomitica N° 3) si sale verso la Malga Pozzo (Putzalm 1743 m.).
Si può giungere fino a là per una comoda, ma lunga, strada di montagna o si può scorciare prendendo il sentiero che, a sinistra, sale nel bosco (soluzione che consiglio). Il sentiero è assai ripido e lungo la salita non si intravede nient’altro che piante: nessun panorama, nascosto dalle alte cime che sorgono tutto intorno. E’ una salita dura che richiede allenamento e determinazione perché, come in tutti i sentieri dove l’approccio è subito duro, la fatica si fa sentire. Il mio consiglio è di non prendere la salita di petto, almeno in questo tratto: le forze ed il fiato risparmiati verranno utili più su.
Alla Malga Pozzo finalmente il panorama verso la valle si apre e si possono vedere, per la prima volta i monti di Val Casies che si innalzano, verdeggianti a nord, oltre il Monte Costa di Villabassa.
Alla Malga è possibile riprendere fiato, riposarsi un poco e fare uno spuntino; una sorgente sgorga lì vicino e comunque i gestori della malga hanno sempre qualcosa da offrire.
Ora si può affrontare la salita mediana: si sale verso est in diagonale su per un prato fino a sbucare sotto le rocce della parte sommitale del Monte Serla (Monte Sues, 2052 m.). Da qui è anche possibile deviare a sinistra e scendere fino a Dobbiaco (e da qui tornare al punto di partenza con un largo anello escursionistico) ma, decidendo di seguire il segnavia 30, si incontrano le prime difficoltà, anche se alla portata di ogni escursionistica passabilmente allenato. Il sentiero si snoda su per le prime rocce e, con l’aiuto anche di qualche corda fissa che aiuta a superare in tutta sicurezza alcuni passaggi, si giunge alla forcella che delimita il Monte Lungo (salendo alla nostra destra) dal Serla.
Ora il sentiero è più agevole; tornano i prati e, deviando verso sinistra, si giunge presto in vista della grande croce di vetta. Un ultimo (facile) sforzo e siamo in cima. Abbracciamo la croce (volendo possiamo scrivere anche una nostra impressione nel libriccino custodito nella cassetta che si trova lassù) e ci soffermiamo ad osservare il panorama. Stupendo, meraviglioso, impagabile. La vista spazia su tutta l’Alta Val Pusteria, da oltre Monguelfo, a sinistra, fino a ben dentro l’Austria, a destra. L’abitato di Villabassa è tutto, miniaturizzato, in bella mostra davanti e sotto di noi. Se ci giriamo dall’altra parte, fronte a sud, ecco davanti a noi il Picco di Vallandro con, a destra, tutte le principali cime delle Dolomiti di Braiese a destra le alte cime dei Rondoi e dei Baranci.
Ora possiamo riposarci, contenti. La nostra fatica è stata ripagata.

Foto 1: Il Monte Serla al crepuscolo, visto da Villabassa.
Foto 2: Accanto alla croce sulla vetta del Monte Serla: io, Carletto, un amico, Aldo e Luigi.
Foto 3: Sulla vetta del Serla: un amico, Carletto, Aldo, io e Luigi. Luglio 1987.

ESCURSIONI 2 - ROCCA DEI BARANCI (2966 m.)

Pubblicato da Roberto Mulinacci 26 ottobre 2009 0 commenti


La Rocca dei Baranci (Haunold) è la più alta cima del Sottogruppo dolomitico dei Rondoi-Baranci.
Nonostante sfiori i 3000 metri (2766 m.) la sua vetta, dalla quale si domina San Candido, non è chiaramente riconoscibile dal basso, nascosta e dissimulata come è tra una selva di guglie, cimette ed anticime che sembrano volerla celare ad uno sguardo approssimativo. Può essere utile al riconoscimento la grande croce metallica che, piantata tra due esili massi di roccia, tolgono ogni dubbio al proposito indicando quella che, sola, è degna di essere chiamata la Regina delle montagne di San Candido.
Invece, durante la salita che porta dal parcheggio alla Val Campodidentro, punto di partenza per la nostra escursione, la Rocca dei Baranci è invisibile, nascosta non solo dal fatto che sorge in una posizione arretrata rispetto alla strada, ma anche perché ogni sguardo è come monopolizzato dalla maestà dalle stupende cime del gruppo dei Tre Scarperi che svettano, selvagge, a Est.
Occorre subito dire che la salita alla cima della Rocca è difficile, lunga e faticosa (quasi 1500 metri di dislivello dal parcheggio!). E’ anche un’escursione dolomitica che, benché riservata alle persone allenate, motivate ed esperte, potrebbe essere definita poco stimolante perché si tratta di salire sempre, senza alcuna possibilità di riposare il piede e la mente, il primo occupato continuamente a non perdere l’appoggio sulle ghiaie friabilissime e la seconda a cercar di orientarsi in un territorio brullo e selvaggio dove le indicazioni sono rare o fuorvianti.
Ricordo che effettuai questa escursione, per la quale occorsero quattro ore e mezzo per la salita, con Giuseppe, il mio compagno d’avventura. Era una magnifica giornata di Luglio del 2001; partimmo dal parcheggio in Val Campodidentro e tornammo per lo stesso itinerario della salita: nessuna scorciatoia possibile, nessuna possibilità di deviazione per questa ascensione che merita descrivere.
Lasciata l’auto al parcheggio si giunge in breve all’imbocco della magnifica Val Campodidentro; subito, di là da un ponticello, s’alza sulla sinistra il ripido sentiero per la Rocca dei Baranci. Si sale a zig zag e in breve ci si alza sulla valle sottostante. Dopo un’ora di salita, segnalata più che dalle rare segnalazioni rosse, dalla strana presenza di un albero martoriato da un fulmine, occorre deviare sulla destra, per un po’ in piano, fino a giungere sulla sponda sinistra del letto di un torrente in secca che scende dall’invisibile (ancora) Val Carbone. Prima di intraprendere la salita di questo tratto merita soffermarsi un minuto ad osservare, magnifico ed in piena vista, il gruppo dei Tre Scarperi, che sorge davanti a noi, dall’altro lato della valle. Da qui, oltre le tre stupende vette (tutte oltre i tremila) che compongono al gruppo, si ha una veduta assai dettagliata sia della lavina di Scarperi, che sale al Cadin della Caccia, che del Cadin dei Sassi e del sentiero che porta alla forcella omonima: due escursioni insolite ma bellissime che mi sento di consigliare a tutti gli amanti della montagna selvaggia e poco conosciuta.
Risalito il letto del fiume si sbocca alla fine sull’orlo della cosiddetta Val Carbone. Siamo sui 2000 metri; i mughi lasciano il posto ai sassi e alle rocce. Ci si inoltra nella valle (all’inizio poco ripida) e perdiamo di vista la Val Campodidentro: non la rivedremo più fino al ritorno.
La Val Carbone è impressionante. Si tratta di una larghissima colata detritica ch si alza, sempre più ripida, davanti a noi e che nell’ultimo, lontanissimo tratto, sembra puntare verso un’insellatura tra due cime altissime; sono le cime delle Portelle della Rocca, da non confondersi con la cima principale della Rocca dei Baranci che da qui, è ancora invisibile, nascosta dalle alte quinte di roccia che si alzano sulla nostra destra.
Non ci resta che salire. Prima abbastanza agevolmente, poi, con sempre più fatica, mano a mano che la salita si fa più ripida e progredire diventa sempre più difficile.
Si sale, ansimando, puntando ad un enorme masso che si erge sulla destra, verso quota 2650. E’ faticoso non solo avanzare, ma addirittura fermarsi. Quasi non c’è spazio per poggiare i piedi, tanto il terreno è ripido e cedevole; ricordo che, per poter fermarci solo una decina di minuti, per bere un sorso d’acqua dalla borraccia e mangiare un panino, dovemmo restare in piedi, lo zaino in equilibrio instabile tra le gambe poiché non c’era nemmeno lo spazio per poterci sedere. Giunti al masso, si contorna in alto verso destra e finalmente, guardando a nord (e cioè a destra rispetto al cammino fino a qui percorso) si intravede, alta, lontana, luccicante al sole, la croce di vetta. Ricordo che dovemmo richiamare un solitario escursionista che allontanandosi dalla giusta via, stava dirigendosi, equivocando, verso le inaccessibili Portelle della Rocca. L’uomo finalmente capì, e si accinse a seguirci.
Ora le forze ritornano benché il sentiero si faccia ancora più ripido. Lasciamo qui, accanto al masso, le racchette che, utilissime per la salita che abbiamo compiuto fino a qui come quasi indispensabili si riveleranno per la discesa, da ora in poi, si rivelerebbero oltre che inutili, di impaccio. Le ghiaie cedevoli sono finite; ci si può appigliare a solida roccia e, con le forze che ritornano stimolate dal vicino traguardo ci possiamo impegnare in una stupenda cavalcata in arrampicata libera. Si sale, si sale, afferrandosi con le mani e spingendo con i piedi, puntando alla croce, sempre più grande, sempre più vicina. Alla fine, ci siamo! Un ultimo sforzo e si giunge ad una stretta forcellina che separa due piccole ante di roccia. Qui in mezzo, ancorata ad una robusta staffa d’acciaio, sorge la croce di vetta. Qui ci fermiamo, ci diamo il cinque; lasciamo cadere a terra gli zaini. Possiamo sorridere: ce l’abbiamo fatta. Dopo qualche minuto, ansimando, sudato, ma felice, ci raggiunge ringraziandoci il solitario escursionista che avevamo rimesso sulla retta via.
Guardiamo l’ora: partiti alle 9 ecco che sono ora quasi le 14; oltre quattro ore e mezzo di salita! Ci rilassiamo un poco, ci rifocilliamo comodamente e poi, ci si può soffermare ad osservare lo stupendo spettacolo che ci si apre davanti agli occhi. Sotto di noi, in fondo al versante nord appena scoperto, giace l’abitato di San Candido e in alto, di là dalla Costa dei Nosellari, si scorgono le Alpi austriache imbiancate. A sud, vicinissima a noi, ecco la cima della Croda dei Baranci, poi la Cima Piatta Alta e le altre cime del gruppo. Solo la Punta dei Tre Scarperi ci impedisce di spaziare lo sguardo ad ovest, ma si possono osservare le Tre Cime e poi i monti di Braies, le Tofane e così via in una fuga emozionante di tutte le maggiori vette dolomitiche. Facciamoci le foto di rito, scambiamoci le nostre entusiastiche emozioni: la stanchezza non c’è più, non c’è mai stata (pare).
Ancora dieci minuti di riposo quassù, in Paradiso. Poi dovremo pensare alla discesa dove, soprattutto, la fatica si farà sentire. Ma ora non ci pensiamo; niente ci impressiona più, niente ci scoraggia. Siamo sulla Rocca dei Baranci, su Haunold, sulla Montagna di San Candido. E questo ci basta. E avanza.

Foto: Sulla vetta della Rocca dei Baranci con l'amico sconosciuto.

Villabassa

Pubblicato da Roberto Mulinacci 18 ottobre 2009 0 commenti

Villabassa (Niederdorf nell'originale toponimo tedesco) è la località nella quale ogni anno ci ritroviamo per stare in compagnia e effettuare alcune delle nostre escursioni.

E' un paesino assai pittoresco, caratterizzato da una montagna non banale (il Monte Serla che lo domina a sud con i suoi quasi 2400 metri di altezza) e attraversato nel senso della sua lunghezza (Est-Ovest) dal fiume Rienza che, nato ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, corre per tutta la Pusteria prima di andare a sfociare nell'Isarco.

Villabassa ha un notevole parco, alcune opere d'arte pregevoli tra le quali spicca la Cattedrale e comunque tutte le comodità che possono costituire un valore aggiunto per un piccolo comune di montagna.

La particolarità più importante di Villabassa però, quella che ha determinato e tuttora giustifica la nostra preferenza per questa località, è la sua splendida posizione geografica che ne fa un punto di partenza ideale per mille escursioni di ogni tipo e difficoltà.

Da qui si può ascendere direttamente al Monte Serla o al Monte Lungo e con pochi minuti di macchina si può giungere in Val Campodidentro (accesso ai gruppi Rondoi-Baranci e Tre Scarperi), al Lago di Landro (accesso alle Tre Cime, al Monte Cristallo, a Monte Piana o al Monte Specie). In poco più di mezz'ora si può giungere all'ingresso della Val Fiscalina con le sue perle dolomitiche e sono vicinissimi il Lago di Braies e la meravigliosa spianata prativa di Prato Piazza. Vicine sono anche le montagne di Anterselva e quelle di Casies e, mettendo in programma qualche decina di minuti in più, si può arrivare a Misurina (Cadini, Cristallo) o ai paesini dell'Alta Val Comelico (Popera, Croda Rossa, Cima Bagni e le più avventurose vie attrezzate delle Dolomiti). In meno di un'ora di auto ecco poi la possibilità di accedere alle bellezze della Val Aurina, alle Tofane e alle misteriose montagne di Fanes.

A portata di mano (o meglio, di gambe) ecco allora Vie ferrate, sentieri attrezzati, cime innevate; ma anche bellissimi sentieri panoramici per escursionisti di tutte le età, e inoltre rifugi accoglienti, prati incontaminati, acque limpide e fresche.

Ecco perché ci ritroviamo ogni anno, in Luglio, a Villabassa/Niederdorf, in Val Pusteria.

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Il Gruppo HIRBEN

Pubblicato da Roberto Mulinacci 0 commenti

Il Gruppo Hirben

Gli amici, tutti ovviamente appassionati della montagna, che si ritrovano ogni anno, in Luglio, per stare insieme ed effettuare le escursioni di cui si parla in questo blog, hanno dato vita, di fatto, ad un gruppo conosciuto come "Il Gruppo Hirben" (dal nome della pensione di Villabassa dove si ritrovarono la prima volta).

Le loro età sono assai diverse, come diverse sono le loro provenienze (si va da Milano a Genova, da Siena a Napoli, da Bologna a Torino); quello che li unisce è l'amore per la natura. Questo blog è dedicato anche, e soprattutto, a loro.

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Premiazione Fedeltà

Premiazione Fedeltà
30 anni di permanenza alla Hirben.

Il libro "SENESE IN PUSTERIA" è online!!

Il libro che ho scritto sulla nascita e la genesi della mitica "Cordata Hirben" è disponibile (ovviamente gratuitamente) sul web per tutti gli amici della montagna.
E' in formato PDF (circa 1 Mb di grandezza) e può essere scaricato a questo indirizzo:

Senese in Pusteria

Nel caso che si desideri stamparlo su carta, ricordo che è già pronto per la stampa (fronte-retro) su fogli A4. I fogli possono poi essere rifilati in basso tagliando circa 4 cm. di carta prima di essere rilegati in volume.

Saluti,
Roberto Mulinacci.

NOVITA': VIDEO sul Blog!

Il sottoscritto, negli anni che vanno dal 1991 al 1997, amava girare per le montagne dell'Alta Pusteria in compagnia di una videocamera che portava sempre con sé. Adesso, in occasione del riversamento di quelle immagini da videocassetta a DVD, ho estrapolato alcuni clip da quei filmati che ho poi messo in rete su YouTube.
Si tratta di piccole parti filmate in bassa definizione e piuttosto deteriorate nell'audio ma penso che a qualcuno degli amici possa far piacere rivederle in modo da rivivere qualche momento di quei giorni felici e spensierati.
Alcuni filmati saranno incorporati nei post relativi all'avvenimento illustrato in caso di mancanza di altra documentazione.
Comunque per accedere a tutti i clip basta andare su Youtube e cercare:
"Gruppo Hirben".
Saluti,
Roberto Mulinacci

Il Gruppo Storico



Carletto, Luigi, io ed Aldo Lindenfels davanti alle Tre Cime (Luglio 1985)

La FOTO del Mese




La Parrocchiale di Villabassa e Monte Elmo

La "Cordata HIRBEN" - Il Gruppo storico

  • Aldo Amoretti
  • Aldo Lindenfels
  • Claudio Pobbe
  • Domenico Sassoli
  • Francesco Sassoli
  • Gaetano Clerici
  • Giuseppe Bertini (Giuseppino)
  • Giuseppe Longobardo (Giuseppe 2)
  • Lino Sommariva
  • Marco Ruggiero
  • Roberto Mulinacci

La "Cordata Hirben"

Gli amici, tutti ovviamente appassionati della montagna, che si ritrovano ogni anno, in Luglio, per stare insieme ed effettuare le escursioni di cui si parla in questo blog, hanno dato vita, di fatto, ad un gruppo conosciuto come “La cordata Hirben” (dal nome della pensione di Villabassa dove si ritrovarono la prima volta).

Le loro età sono assai diverse, come diverse sono le loro provenienze (si va da Milano a Genova, da Siena a Napoli, da Bologna a Torino); quello che li unisce è l’amore per la natura.

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