E' proprio vero: le cose, lasciate a sé stesse, tendono a degenerare. La massima (sempre valida) è ancor più vera se la applico ai luoghi, ai territori, alle montagne dell'Alta Pusteria che oso, con un poco di presupponenza da parte di un forestiero, un senese, chiamare "mie".
Guardiamo come sono cambiate le cose negli ultimi vent'anni.
Sentieri. I sentieri della zona delle Dolomiti di Sesto, specialmente quelli dell'Alto Adige (come è noto una parte di queste Dolomiti ricadono sotto la Provincia di Belluno), erano portati ad esempio, anche confrontandoli con quelli per così dire "italiani" per come erano tenuti. Sempre praticabili, segnati in maniera inconfondibile e con indicazioni esaurienti poste proprio dove ce n'era bisogno (sulle forcelle, alle diramazioni, negli altipiani dove mancano i punti di riferimento ecc.). Se, durante l'inverno, una frana portava via una parte di sentiero, ecco che, appena possibile l'AVS (Alpesvereinsudtirol, l'equivalente del CAI) provvedeva a ripristinarli come e meglio di prima, magari approfittando dell'occasione per consolidare il tracciato, cambiare una trave di sostegno che poteva diventare pericolosa e colmando le buche nei passaggi più impegnativi. Ogni primavera venivano esaminati e se del caso ritracciati, i segnavia bianco-rossi e veniva effettuata una manutenzione puntuale e accurata delle tabelle direzionali nonché delle attrezzature delle vie ferrate.
Oggi, purtroppo, le cose non sono più così e anche il Sud Tyrol sembra adattarsi a quello che fa da qualche tempo il CAI per l'escursionismo estivo: poco; quasi niente.
I sentieri che franano non vengono riadattati. Ad esempio il sentiero che dal Rifugio Baranci sale alla Piccola Rocca dei Baranci, che fu qualche anno fa cancellato per un largo fronte da una frana, a tutt'oggi non è stato ripristinato; quello che costituisce la prima parte del sentiero che sale dalla Val Fiscalina al Rifugio Comici (fu ostruito dalla grande frana che interessò Cima Una) è ancora nelle condizioni in cui era tre anni fa; la traccia di sentiero che sale verso la Forcella dei Sassi (proveniendo dal bosco a monte dell'ultimo parcheggio in Val Campodidentro) è sparita completamente...
E poi c'è il problema delle indicazioni. I segni bianco-rossi non vengono più rifatti e, col passare degli anni, quelli che c'erano risultano poco distinguibili (se ci sono ancora) e le tabelle direzionali risultano incomplete e, spesso, fuorvianti.
Le vie ferrate sono invece un problema che riguarda più direttamente il CAI. Vicino a Cortina, escluse le vie ferrate più famose e frequentate, le altre rivelano gravi segni di degrado e di mancata manutenzione. La Ferrata della Terza Cengia del Pogamagnon è incompleta: mancano interi tratti di corde metalliche e molte sono disancorate; le attrezzature che portano al Cristallino di Misurina sono fatiscenti e incomplete; la Ferrata Bilgeri che saliva dal Lago di Landro al Monte Piano è inagibile da diversi anni e nessuno si sogna di ripristinarla. I sentieri del Comelico sono un rebus; mancano segni e segnavia ed è richiesta una grande dose di fortuna (oltre che di esperienza) per avventurarsi ad esempio, verso i Monti Cavallino o il Monte Arnese... eccetera eccetera.
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Una indicazione pericolosamente errata (per Rinfreddo) a nord della malga Coltrondo |
Insomma; se i sentieri, le indicazioni e i segni direzionali portano verso una struttura diciamo "economica" (per dire un posto dove si può spendere, come ad esempio un Rifugio, una Malga, un parcheggio dal quale partono navette ecc.), allora essi sono puntualmente revisionati, restaurati e tenuti sempre in perfetta efficienza; viceversa se si tratta di fare manutenzione ai sentieri con nessuna utilità pratica (quelli che portano lontano dalle strutture, quelli selvaggi, quelli più belli ma meno appetibili dal turismo di massa, quelli che si affrontano con i panini e la borraccia nello zaino), tutti se ne fregano. Ecco allora problemi con l'orientamento, sentieri interrotti, cime con le croci di vetta spezzate, posti di timbratura rovinati dai vandali o dalle intemperie e lasciati in quello stato da decenni... insomma uno sfacelo che sembra inarrestabile al punto che se non ci si dà una regolata tra qualche anno la maggior parte dei sentieri dolomitici fuori dai soliti itinerari canonici (ed economici) sarà impercorribile.
L'altro problema è l'inarrestabile, inaudita voracità di tutta una legione di persone singole, enti, comunità e chi più ne ha più ne metta che da qualche anno ha pensato bene di colonizzare le montagne. Per andare in qualunque luogo sia pur leggermente rinomato bisogna pagare, e salato. E sempre di più, se è vero che le tariffe richieste da questi non so quanto autorizzati esattori aumentano in ragione del 30 o 40 per cento ogni anno.
Per andare in auto da Misurina al Rifugio Auronzo ormai ci vogliono 18 euro e poi bisogna pagare per andare a Prato Piazza, al Lago di Dobbiaco e al Lago di Braies e in qualunque altro posto turistico della zona. Si spende sempre di più e ci sono sempre meno alternative alle mete più remunerative (economicamente).
E i veri amanti della montagna, gli escursionisti che vogliono (o meglio vorrebbero) godere solo della natura e vorrebbero andare ovunque muniti solo dello zaino, delle pèdule, delle racchette e della loro immensa passione, si trovano sempre con maggiori difficoltà da affrontare, e non solo quelle naturali.
Signori amministratori di questi Comuni! Responsabili dell'AlpesVerein! Amici del CAI! Urge correre ai ripari, e subito! La montagna non aspetta e, dove non far niente vuol dire lasciar morire, basteranno altri pochi anni di incuria perché risulti impossibile per gli appassionati percorrere questi meravigliosi sentieri dolomitici. Diverranno solo un ricordo nella mente dei fortunati che potranno dire, con rimpianto. "Io mi ricordo che....".