Il Monte delle Rondini è una montagna, non molto elevata, ma abbastanza singolare, che si trova per ultima, sulla destra, proveniendo dall'imbocco della Valle di Braies, prima di giungere al parcheggio di Ponticello (meta obbligata per chi vuol visitare le distese verdi di Prato Piazza). Ovviamente da qui non si vede, ma si riconosce invece benissimo da Prato Piazza se si volge lo sguardo verso i Monti di Braies, di cui il Monte delle Rondini, insieme al Sasso del Signore e ai due Campo Cavallo, è tra le vette più elevate.
La singolarità del monte nasce dal fatto che poco prima della sua massima altitudine si trova una specie di spaccatura che lo divide in una cima vera e propria e una anticima. Dalla spaccatura scende un ghiaione ripidissimo (uno dei più lunghi di tutte le Dolomiti Orientali) che, dopo una discesa di quasi mille metri (!) sfocia direttamente sulla strada asfaltata nei pressi di Ponticello.
Era questa la via del ritorno che avevamo scelto quel giorno, quando io e Giuseppino, decidemmo di salire sul Monte delle Rondini.
Per salire sul monte avevo in mente l'itinerario proposto dal Berti nella sua fondamenale "Guida Dei Monti D'Italia - Dolomiti Orientali - Volume I - Parte Ia.".
Partimmo quindi da Ponticello (1491 m.) in direzione di Prato Piazza salvo abbandonare il sentiero subito dopo la partenza e deviare a destra dove imboccammo il sentiero che porta alla Malga Posta e che, per quanto possa ricordare, benché elementare è uno dei più ripidi che mi sia capitato di percorrere. Con noi c'erano anche Domenico, Francesco e la Luciana ed eravamo quindi in cinque quando giungemmo alla Malga, circa un'ora dopo la partenza a 1968 metri di quota. Dopo una sosta di dieci minuti, salutati i nostri amici, io e Giuseppe risalimmo il sentiero che sale per la cosidetta Val Cavedon per un centinaio di metri. Poi ci spostammo verso la nostra destra presso il letto di un torrente in secca; osservavamo attentamente il monte che incombeva sopra il nostro fianco destro alla ricerca di un arco naturale intagliato nella roccia. Alla fine lo vedemmo: si trovava circa duecento metri sopra di noi ed era proprio quello il segnale che aspettavamo. Sentieri non ce n'erano, tracce nemmeno; potevamo fare solo una cosa per giungere fino a quell'arco: traversare il letto del torrente e cominciare ad arrampicarci sul fianco del monte attaccandoci ai mughi che, copiosissimi, coprivano tutto il fianco meridionale de Monte delle Rondini. E così, a forza di braccia, progredendo in una salita faticosissima e originale, come nuotando in arrampicata in un mare verde, ma puntando sempre all'arco nella roccia per non andare fuori direzione, metro dopo metro cominciò la nostra nuova avventura. Dopo un'ora buona eravamo arrivati; l'arco nella roccia era a pochi metri da noi: finalmente! C'era anche una minuscola piazzola dove potemmo, per la prima volta fermarci in piedi e guardare verso il basso; riuscimmo a distinguere, minuscoli, i nostri amici che si apprestavano a tornare a Ponticello: li chiamammo con il nostro grido ma non credo che abbiano sentito.
Ora cominciava il bello: i mughi erano finiti. Dal punto di sosta nel quale eravamo notammo una traccia di sentiero che portava proprio sotto l'arco traversandolo poi in diagonale. Sopra una strana pietra notai un grosso cristallo di sale; senza dubbio erano state le guardie forestali a metterlo lì per i caprioli e i camosci che ne vanno ghiotti. Traversato l'arco il sentiero sparì: davanti a noi un prato erboso, poi un costone ripidissimo. Aggrappati con la punta degli scarponi e con le unghie ai minimi appigli che potevamo trovare progredimmo su quella spalla esposta finché la salita cessò. Eravamo sul Monte delle Rondini. Certamente un poco di preoccupazione c'era; non sapevamo letteralmente cosa ci aspettasse ma una cosa era certa: in nessun caso saremmo potuti tornare indietro da dove eravamo arrivati. Eravamo sul Monte ma non ancora sulla sua vetta; bene: non ci restava che percorrere quella cresta fino alla sommità. Panorama bellissimo mentre camminavamo sul crinale; specie verso Prato Piazza con il Picco di Vallandro come non si era mai visto. Ad un certo punto la cresta si interrompe improvvisamente; dovemmo scendere qualche metro e poi risalire dall'altra parte. Poi, dopo un altro centinaio di metri eccoci in vetta! (nella foto io davanti alla Croda Rossa di Braies). Ora, dopo aver ammirato il panorama ma con la preoccupazione che il tempo si mettesse al brutto (era un pò che il sole era sparito sotto alcuni poco rassicuranti nuvoloni), dovevamo pensare al ritorno. Prendemmo la "direttissima": l'incredibile ghiaione che dalla vetta sfocia direttamente sulla statale, a perpendicolo mille metri sotto di noi. Una forte stretta ai lacci degli scarponi, le racchette ben salde in mano, un salto e: via! L'avventura era cominciata! E così giù, in caduta controllata, come a sciare con gli scarponi sulle ghiaie, giù, veloci e attenti alle brutte sorprese. Solo una o due volte dovemmo fermare la nostra discesa e fare attenzione per superare alcuni salti (di poco conto, però) che interrompevano con il ghiaione, per il resto la discesa continuò, esaltante, ma assai faticosa, fino al termine.
Quando sbucammo sulla strada, alcuni turisti che ci videro venire dall'alto senza saper da dove, tutti bianchi di polvere e stralunati dalla fatica, strabuzzarono gli occhi. Ma ormai era fatta: il Monte delle Rondini era stato vinto!
Presentazione
Questo blog è dedicato alla stupende montagne dell'Alta Pusteria e dintorni, dove per oltre 25 anni ho percorso i sentieri, le vie ferrate e le Alte Vie delle Dolomiti di Sesto, che costituiscono l'attrazione principale di questa bellissima valle.
E' anche un omaggio dell'Autore agli amici incontrati lassù, un'amicizia dalla quale nacque la mitica "Cordata Hirben" le cui escursioni merita senz'altro di raccontare.
Un altro scopo del blog è quello proporsi come guida escursionistica della zona e di descrivere le curiosità, le manifestazioni e le opere d'arte della Val Pusteria che fanno di questo territorio un piccolo monumento naturalistico e folcloristico (nella migliore delle accezioni) che non cesserò di raccomandare a chi ama la natura, la vita sportiva e la Bellezza in una delle sue forme più elevate.
Roberto Mulinacci
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