Di tutti i sottogruppi che costituiscono il Gruppo delle Dolomiti di Sesto, quello del Popera è il più meridionale ed è anche il più esteso e il meno frequentato.
Però questi monti sono stupendi così selvaggi e solitari, e le ferrate e i sentieri attrezzati che li percorrono si possono combinare tra loro in modo da poter dar vita ad alcune traversate dolomitiche tra le più affascinanti delle intere Alpi.
Tra queste traversate quella che, combinando insieme la Ferrata Roghel con il sentiero attrezzato della Cengia Gabriella, permette, partendo dal Rifugio Lunelli in Val Grande di Comelico di giungere in Val Fiscalina, è una delle più lunghe e senza dubbio la più famosa, difficile e celebrata.
Noi, nel luglio del 1995 ci sentivamo ormai pronti per una grande impresa (almeno così chiamavamo quel genere di escursioni). Da tempo si parlava con rispetto e timore della ferrata Roghel, quella che, attraverso la Forcella Piccola di Stallata, permette di raggiungere il Bivacco "Battaglion Cadore" e quell'anno decidemmo di avventurarci in quell'impresa. Così, io, Giuseppino, Marco e Gaetano, quel mattino nebbioso d'estate, ci ritrovammo sul prato della Pensione Hirben alle 7 del mattino. Un'occhiata al cielo (che non pareva promettere bene) e poi via! verso l'avventura, sull'auto di Marco. Dopo essere passati da Sesto e aver superato il passo di Monte Croce Comelico si scese verso il Cadore salvo deviare a destra poco prima di Padola e raggiungere così il Rigugio Lunelli in Selvapiana (dove si può parcheggiare la macchina). Erano prima delle 8 quando ci incamminammo dal Lunelli verso il Rifugio Berti che, a quota 1950, sbarra a sud la grande colata ghiaiosa del Vallon Popera. Dopo un'oretta eravamo al rifugio dove il gestore, interpellato sulle previsioni meteo, non ci seppe dire niente di preciso; poteva piovere ma poteva anche uscire il sole: dovevamo decidere da noi.
Beh, fu facile. Oramai eravamo in ballo e dovevamo ballare, così, dopo un caffè caldo e un panino consumato velocemente, ci dirigemmo verso sud. Si deve scendere un pò seguendo il sentiero che porterebbe verso la Forcella del Camoscio, poi si trova l'indicazione, segnata su una pietra che indica la via per la Roghel. Si sale mirando alle rocce di sinistra (i Campanili di Popera) e dopo poco si trovano le prime corde metalliche. Le attrezzature salgono esposte ma sicure fino a che portano e si arrestano dentro una insellatura quasi invisibile da basso. Qui c'è una targa; una fune metallica sale dritta verticalmente in alto e poi sparisce dietro una quinta di roccia. C'è una specie di pedale, un gradino di ferro che permette di afferrare la fune che non si sa dove porta; cosa fare? Un attimo di titubanza, l'adrenalina scorre nelle vene, l'eccitazione è fortissima. Si va? Cosa si potrà incontrare? Quali difficoltà ci attendono? Saremo in grado di affrontarle? E poi c'è il rischio che possa piovere e non sarebbe affatto desiderabile. Ma la decisione è presto presa: avanti, avanti! Così, uno dopo l'altro ci eleviamo verso l'ignoto, le mani aggrappate alla corda, i piedi a far ponte sulla roccia levigatissima che non aiuta a progredire poiché bisogna salire solo a forza di braccia, senza sapere cosa troveremo venti metri più in alto.
Ma si sale, si sale fino a vedere l'intaglio sottile della Forcella che apre uno spicchio di cielo; uno sforzo ancora e ci siamo! Siamo sulla Forcella, finalmente. Qui ci si può appena sedere tanto è stretta l'insellatura ma quello che vediamo ci ripaga degli sforzi fatti e dell'enorme concentrazione che abbiamo messa in campo. Sotto di noi, al di là della forcella si apre il grande cadino dove sorge, presso la sommità dello spiazzo che poi precipita nella Val Stallata, il rosso bivacco Battaglion Cadore: la nostra mèta.
Ormai è fatta. Non ci resta che scendere fino al bivacco e poi, dopo le foto di rito e un pò di meritato riposo, pensare a ritornare per dove siamo venuti, percorrendo la Ferrata Roghel a ritroso. Ma... Un pensiero folle ci gira nella testa. E' la vista della enorme parete sude del Monte Giralba di Sotto che ce l'ha fatta venire. Su quella parete infatti, e da qui si vede benissimo, lcorre il sentiero attrezzato della Cengia Gabriella, il lungo e abbastanza misterioso itinerario che porta dal bivacco Battaglion Cadore al Rifugio Carducci. Ci guardiamo.. guardiamo il cielo per vedere se minaccia pioggia, controlliamo l'ora: sono le 12. Allora? Tempo ci sarebbe. L'auto? Torneremo a prenderla domani al Lunelli. E all'arrivo? Telefoneremo dal Carducci agli amici della Pensione in modo che qualcuno venga a prenderci in Val Fiscalina. E' deciso! Faremo la Cengia Gabriella.
Col cuore in gola, pregando che non si mettesse a piovere scendiamo, attaccati alla corda metallica per la parete leggermente innevata puntando al bivacco, poi, circa 200 metri prima di arrivarci, un segnavia ci indica la deviazione per collegarci al sentiero attrezzato. Siamo allenati, felici, consapevoli. Foto di rito per ricordare il luogo, il momento, e poi ci avventuriamo lungo la cengia.
Il percorso è lungo, inizialmente pianeggiante. Poi inizia la leggera salita che ci porta ad uno dei passaggi più famosi del nostro itinerario: il Passaggio del Gatto. Bisogna infatti accucciarsi per passare dall'altra parte di una quinta di roccia così bassa che non permette di restare eretti. Tutto bene. Poi, arriva la parte più difficile del percorso: una salita in diagonale lungo per una lunga china erbosa assai esposta e senza appigli artificiali. Si sale aggrappandosi ai ciuffi d'erba, col petto schiacciato aderente alla montagna, senza osare guardarsi indietro... Poi, alla fine, vediamo che il sentiero termina su una secie di terrazzino stretto ed aereo. Qui ci ricompattiamo: davanti a noi il panorama è sublime. Ci sono le Marmarole, l'Antelao, il Monte Civetta e tutte le vette dolomitiche più famose. E c'è anche la possente costola est della Croda dei Toni e, accostato a quella soprattutto c'è, in basso, lontano ma riconoscibile, l'agognato Rifugio Carducci! Via via. Mi aggrappo alla corda metallica (le attrezzature sono ricomparse, finalmente) e scendo lungo la parete rocciosa finoad imbucare uno stretto e innevato piccolo canale che mi porta in basso, in basso, ... troppo in basso! Infatti notiamo con sgomento che il sentiero attrezzato non termina davanti al rifugio, ma addirittura alcune centinaia di metri più in basso. Questo vuol dire che dovremo risalire ancora e, dopo 8 ore di arrampicata,il pensiero non ci affascina per niente.
Comunque, alle 19 siamo al Rifugio Carducci. Telefoniamo alla Pensione Hirben dicendo del nostro nuovo percorso. OK: qualcuno verrà a prenderci al Dolomiten, in Val Fiscalina. Noi, dopo un quarto d'ora di meritatissimo riposo ci incamminiamo verso la Forcella Giralba. Il sole sta per andarsene e illumina con il suo ultimo raggio la vetta di Cima Undici ma noi non ci fermiamo a guardare il panorama. Quasi di corsa passiamo davanti al Rifugio Zsigmondy-Comici e, quando già è quasi notte, arriviamo alla Capanna di Fondovalle. Sono le 21 quando arriviamo all'Hotel Dolomiten; gli amici (Lino, Claudio ed altri) sono venuti a prenderci. Arriviamo alla Hirben alle 22! Sorpresa! La Signora Stoll ci ha aspettai e ha riaperto la cucina per farci cenare. Ceniamo in allegria con tutti gli amici che vogliono sapere della nostra impresa ed hanno mille cose da chiedere e noi da racconatre. Ma domani, per favore. Domani quanto volete. Ora, però a letto, a sognare, a rivivere questa indimenticabile giornata.
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