Era una mattinata che pareva non promettere molto, quel giorno di Luglio del 2007, quando ci apprestammo a compiere la Ferrata del Pomagagnon.
L'escursione era stata programmata da tempo ma poi, per un verso o per l'altro, non eravamo mai riusciti ad intraprenderla; quella volta eravamo decisi, invece, io, Giuseppino e Gaetano e, facendo finta di non guardare al tempo decisamente poco attraente con tutti quei fumi che si alzavano dai monti ed celavano ogni cosa si trovasse intorno a noi, partimmo in macchina imboccando la strada statale per Cortina.
Dunque, si supera Cimabanche, si effettua la grande curva che apre, in discesa, la strada verso Cortina e, superati sia Fiames, sia la deviazione sulla destra per il Camping Olimpia, si scruta sulla sinistra per scorgere il cartello che indica la località di Chiave. Ecco: lì, si imbocca la deviazione e seguendo l'indicazione per l'Istituto Elioterapico si arriva presto all'ampio parcheggio della struttura dove si può lasciare l'auto.
Qualche minuto di smarrimento appena usciti di macchina, perché indicazioni non se ne trovano (almeno noi non ne trovammo) poi Gaetano, cartina alla mano, vide che occorreva scendere leggermente di quota e indirizzarsi verso sinistra per salire quindi verso il grande costolone del Pomagagnon che sovrasta a Est: dopo pochi minuti di salita poco accentuata cominciò a piovere. Diavolo! pensammo (io almeno lo pensai); ma fu cosa di pochi minuti, poi la pioggia cessò e, ancora meglio, capimmo di essere sulla strada giusta.
Uscendo dalle macchie di mugo, dopo una mezz'oretta di salita, ci trovammo proprio in direzione del grande ghiaione che scende dalla Forcella del Pomagagnon. Il sentiero ora diventava sempre più ripido e si procedeva un pò impacciati perché ancora non sapevamo dove andare. Poi, all'improvviso, ecco un cartello segnalatore che, tra tutte le altre destinazioni, indicava anche: Brujà del Pomagagnon; sarà la ferrata, pensammo.
Piovigginava di nuovo a tratti ma ormai decidemmo di proseguire. Il sentiero sale a destra, sotto le rocce e si fa sempre più ripido. Qualche corda fissa aiuta e dà sicurezza, almeno nel primo tratto, ma è il panorama che conta. Infatti la nebbia si era diradata ed era sorto un bel sole: guardandoci intorno restammo stupiti dalla bellezza e dall'importanza del paesaggio. Il sentiero attrezzato percorre la stretta ma comoda cengia che corre proprio sopra l'abitato di Cortina che resta sempre in vista, durante la ferrata, proprio sotto i nostri piedi. Davanti a noi le Tofane, innevate, e lontano, tutte le altre cime che contornano la regina ampezzana. Non sentivamo nemmeno la fatica anche perché la ferrata è corta e, come detto, bellissima paesaggisticamente. L'unico problema è lo stato delle attrezzature; specie negli ultimi tratti sono fatiscenti e spesso disancorate. Invece di dare sicurezza generano un fastidioso senso di pericolo; me ne accorsi quando, verso il termine della salita, essendo l'ultimo a salire fui investito da un subitaneo, breve ma noiosissimo acquazzone. Mi trovai in breve con gli occhiali fradici e le mani che non riuscivano a tenere salda la presa nella roccia bagnata. Attrezzature, corde metalliche? Zero, e pensare che si trattava del tratto più impegnativo della ferrata, proprio quello che porta alla fine della salita vera e propria. La pioggia mi bagnava il viso e non riuscivo a vedere il prossimo appiglio: temetti di scivolare e sudai freddo al pensiero di quella eventualità. Toccò a Giuseppe lanciarmi il capo di un cordino con l'aiuto del quale, in due salti, riuscii a levarmi dalla mia incomoda posizione e a proseguire la salita.
Alla fine di quella rampa, osservammo con disappunto metri e metri di corde metalliche che giacevano abbandonati su un lato del sentiero: arrugginite, inutili.
Alla fine della salita (beh, chiamiamola ferrata) c'è una specie di terrazzino panoramicissimo dal quale si domina tutta Cortina e le montagne circostanti: Il sole, che ormai aveva preso il sopravvento sulla nebbia e sulla pioggia, svelava ogni più piccolo particolare dello stupendo panorama. Il posto era talmente bello (eravamo dietro la Punta Erbing) e invitante che ci fermammo a fare il meritato spuntino di mezzogiorno.
Il percorso gira poi dietro il costolone del Pomagagnon e, procedendo sempre in direzione Sud-Est svela la valle che lo separa dal Monte Cristallo fino alla Forcella di Zumeles da dove ci si riaffaccia sulla Valle del Boite e su Cortina.
Da qui scendemmo fino ad incontrare la traccia (non segnata sulle nostre carte) che, dopo un lungo percorso verso Ovest, prevalentemente nel bosco, ci riportò all'Istituto Elioterapico e quindi al posto dove avevamo parcheggiato l'auto.
L'escursione era terminata con nostra soddisfazione. Il tratto attrezzato, che si snoda lungo la Terza Cengia del Pomagagnon, è assai breve e, come detto, le attrezzature sono in pessime condizioni, ma il panorama, se si imbrocca la giornata giusta, è memorabile. Il dislivello totale non è importante (circa 800 metri), ma il giro circolare è piuttosto lungo e faticoso. Richiede quindi allenamento e una intera giornata dedicata allo scopo.
RM.
Presentazione
Questo blog è dedicato alla stupende montagne dell'Alta Pusteria e dintorni, dove per oltre 25 anni ho percorso i sentieri, le vie ferrate e le Alte Vie delle Dolomiti di Sesto, che costituiscono l'attrazione principale di questa bellissima valle.
E' anche un omaggio dell'Autore agli amici incontrati lassù, un'amicizia dalla quale nacque la mitica "Cordata Hirben" le cui escursioni merita senz'altro di raccontare.
Un altro scopo del blog è quello proporsi come guida escursionistica della zona e di descrivere le curiosità, le manifestazioni e le opere d'arte della Val Pusteria che fanno di questo territorio un piccolo monumento naturalistico e folcloristico (nella migliore delle accezioni) che non cesserò di raccomandare a chi ama la natura, la vita sportiva e la Bellezza in una delle sue forme più elevate.
Roberto Mulinacci
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