Mercatino dell'Antiquariato

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Villabassa, Luglio 2013.

La Rocca dei Baranci.

La Rocca dei Baranci.
Enrosadira e nuvola.

Nuvole

Nuvole
Nubi sopra l'Asilo di Villabassa

Luigi

Luigi
Luigi Villa sulle Dolomiti di Braies (verso il Campo Cavallo).

Francesco e Domenico

Francesco e Domenico
Io con Domenico, Giuliana e Francesco ai Prati di Croda Rossa nel Luglio 2009.

Pension Vitalhof Hirben

Pension Vitalhof Hirben
Il posto dove tutto è cominciato...

1000 Anni di Villabassa

1000 Anni di Villabassa
Barbara con alcuni bambini sul trenino

L'Autore

L'Autore
Sulla vetta del Monte Nero

Flavia, Sara e Claudia sono tre ragazze del nostro gruppo. In gamba.



Presentazione


Questo blog è dedicato alla stupende montagne dell'Alta Pusteria e dintorni, dove per oltre 25 anni ho percorso i sentieri, le vie ferrate e le Alte Vie delle Dolomiti di Sesto, che costituiscono l'attrazione principale di questa bellissima valle.
E' anche un omaggio dell'Autore agli amici incontrati lassù, un'amicizia dalla quale nacque la mitica "Cordata Hirben" le cui escursioni merita senz'altro di raccontare.

Un altro scopo del blog è quello proporsi come guida escursionistica della zona e di descrivere le curiosità, le manifestazioni e le opere d'arte della Val Pusteria che fanno di questo territorio un piccolo monumento naturalistico e folcloristico (nella migliore delle accezioni) che non cesserò di raccomandare a chi ama la natura, la vita sportiva e la Bellezza in una delle sue forme più elevate.

Roberto Mulinacci

La Ferrata "ROGHEL" e la "CENGIA GABRIELLA"

Pubblicato da Roberto Mulinacci 25 gennaio 2010 0 commenti


Di tutti i sottogruppi che costituiscono il Gruppo delle Dolomiti di Sesto, quello del Popera è il più meridionale ed è anche il più esteso e il meno frequentato.

Eppure i motivi per visitarlo non mancano. Innanzitutto comprende cime di grande rispetto che si uniscono a formare una possente muraglia tutta prossima ai 2800 m. di altitudine, difficilmente superabile e comunque sempre al limite delle normali possibilità escursionistiche. Il fatto è che tutte le montagne tra il Passo della Sentinella e l'abitato di Auronzo di Cadore sono situate fuori dai "normali" itinerari, escursionistici, sono lontane dai punti di accesso e non vi si trovano quasi strutture per la sosta ed il ricovero eccettuato un rifugio (il Rifugio Berti) e 4 bivacchi di cui almeno 3 difficili a raggiungere da qualsivoglia provenienza per chi non sia esperto e allenato alle grandi distanze.
Però questi monti sono stupendi così selvaggi e solitari, e le ferrate e i sentieri attrezzati che li percorrono si possono combinare tra loro in modo da poter dar vita ad alcune traversate dolomitiche tra le più affascinanti delle intere Alpi.
Tra queste traversate quella che, combinando insieme la Ferrata Roghel con il sentiero attrezzato della Cengia Gabriella, permette, partendo dal Rifugio Lunelli in Val Grande di Comelico di giungere in Val Fiscalina, è una delle più lunghe e senza dubbio la più famosa, difficile e celebrata.
Noi, nel luglio del 1995 ci sentivamo ormai pronti per una grande impresa (almeno così chiamavamo quel genere di escursioni). Da tempo si parlava con rispetto e timore della ferrata Roghel, quella che, attraverso la Forcella Piccola di Stallata, permette di raggiungere il Bivacco "Battaglion Cadore" e quell'anno decidemmo di avventurarci in quell'impresa. Così, io, Giuseppino, Marco e Gaetano, quel mattino nebbioso d'estate, ci ritrovammo sul prato della Pensione Hirben alle 7 del mattino. Un'occhiata al cielo (che non pareva promettere bene) e poi via! verso l'avventura, sull'auto di Marco. Dopo essere passati da Sesto e aver superato il passo di Monte Croce Comelico si scese verso il Cadore salvo deviare a destra poco prima di Padola e raggiungere così il Rigugio Lunelli in Selvapiana (dove si può parcheggiare la macchina). Erano prima delle 8 quando ci incamminammo dal Lunelli verso il Rifugio Berti che, a quota 1950, sbarra a sud la grande colata ghiaiosa del Vallon Popera. Dopo un'oretta eravamo al rifugio dove il gestore, interpellato sulle previsioni meteo, non ci seppe dire niente di preciso; poteva piovere ma poteva anche uscire il sole: dovevamo decidere da noi.
Beh, fu facile. Oramai eravamo in ballo e dovevamo ballare, così, dopo un caffè caldo e un panino consumato velocemente, ci dirigemmo verso sud. Si deve scendere un pò seguendo il sentiero che porterebbe verso la Forcella del Camoscio, poi si trova l'indicazione, segnata su una pietra che indica la via per la Roghel. Si sale mirando alle rocce di sinistra (i Campanili di Popera) e dopo poco si trovano le prime corde metalliche. Le attrezzature salgono esposte ma sicure fino a che portano e si arrestano dentro una insellatura quasi invisibile da basso. Qui c'è una targa; una fune metallica sale dritta verticalmente in alto e poi sparisce dietro una quinta di roccia. C'è una specie di pedale, un gradino di ferro che permette di afferrare la fune che non si sa dove porta; cosa fare? Un attimo di titubanza, l'adrenalina scorre nelle vene, l'eccitazione è fortissima. Si va? Cosa si potrà incontrare? Quali difficoltà ci attendono? Saremo in grado di affrontarle? E poi c'è il rischio che possa piovere e non sarebbe affatto desiderabile. Ma la decisione è presto presa: avanti, avanti! Così, uno dopo l'altro ci eleviamo verso l'ignoto, le mani aggrappate alla corda, i piedi a far ponte sulla roccia levigatissima che non aiuta a progredire poiché bisogna salire solo a forza di braccia, senza sapere cosa troveremo venti metri più in alto.
Ma si sale, si sale fino a vedere l'intaglio sottile della Forcella che apre uno spicchio di cielo; uno sforzo ancora e ci siamo! Siamo sulla Forcella, finalmente. Qui ci si può appena sedere tanto è stretta l'insellatura ma quello che vediamo ci ripaga degli sforzi fatti e dell'enorme concentrazione che abbiamo messa in campo. Sotto di noi, al di là della forcella si apre il grande cadino dove sorge, presso la sommità dello spiazzo che poi precipita nella Val Stallata, il rosso bivacco Battaglion Cadore: la nostra mèta.
Ormai è fatta. Non ci resta che scendere fino al bivacco e poi, dopo le foto di rito e un pò di meritato riposo, pensare a ritornare per dove siamo venuti, percorrendo la Ferrata Roghel a ritroso. Ma... Un pensiero folle ci gira nella testa. E' la vista della enorme parete sude del Monte Giralba di Sotto che ce l'ha fatta venire. Su quella parete infatti, e da qui si vede benissimo, lcorre il sentiero attrezzato della Cengia Gabriella, il lungo e abbastanza misterioso itinerario che porta dal bivacco Battaglion Cadore al Rifugio Carducci. Ci guardiamo.. guardiamo il cielo per vedere se minaccia pioggia, controlliamo l'ora: sono le 12. Allora? Tempo ci sarebbe. L'auto? Torneremo a prenderla domani al Lunelli. E all'arrivo? Telefoneremo dal Carducci agli amici della Pensione in modo che qualcuno venga a prenderci in Val Fiscalina. E' deciso! Faremo la Cengia Gabriella.
Col cuore in gola, pregando che non si mettesse a piovere scendiamo, attaccati alla corda metallica per la parete leggermente innevata puntando al bivacco, poi, circa 200 metri prima di arrivarci, un segnavia ci indica la deviazione per collegarci al sentiero attrezzato. Siamo allenati, felici, consapevoli. Foto di rito per ricordare il luogo, il momento, e poi ci avventuriamo lungo la cengia.
Il percorso è lungo, inizialmente pianeggiante. Poi inizia la leggera salita che ci porta ad uno dei passaggi più famosi del nostro itinerario: il Passaggio del Gatto. Bisogna infatti accucciarsi per passare dall'altra parte di una quinta di roccia così bassa che non permette di restare eretti. Tutto bene. Poi, arriva la parte più difficile del percorso: una salita in diagonale lungo per una lunga china erbosa assai esposta e senza appigli artificiali. Si sale aggrappandosi ai ciuffi d'erba, col petto schiacciato aderente alla montagna, senza osare guardarsi indietro... Poi, alla fine, vediamo che il sentiero termina su una secie di terrazzino stretto ed aereo. Qui ci ricompattiamo: davanti a noi il panorama è sublime. Ci sono le Marmarole, l'Antelao, il Monte Civetta e tutte le vette dolomitiche più famose. E c'è anche la possente costola est della Croda dei Toni e, accostato a quella soprattutto c'è, in basso, lontano ma riconoscibile, l'agognato Rifugio Carducci! Via via. Mi aggrappo alla corda metallica (le attrezzature sono ricomparse, finalmente) e scendo lungo la parete rocciosa finoad imbucare uno stretto e innevato piccolo canale che mi porta in basso, in basso, ... troppo in basso! Infatti notiamo con sgomento che il sentiero attrezzato non termina davanti al rifugio, ma addirittura alcune centinaia di metri più in basso. Questo vuol dire che dovremo risalire ancora e, dopo 8 ore di arrampicata,il pensiero non ci affascina per niente.
Comunque, alle 19 siamo al Rifugio Carducci. Telefoniamo alla Pensione Hirben dicendo del nostro nuovo percorso. OK: qualcuno verrà a prenderci al Dolomiten, in Val Fiscalina. Noi, dopo un quarto d'ora di meritatissimo riposo ci incamminiamo verso la Forcella Giralba. Il sole sta per andarsene e illumina con il suo ultimo raggio la vetta di Cima Undici ma noi non ci fermiamo a guardare il panorama. Quasi di corsa passiamo davanti al Rifugio Zsigmondy-Comici e, quando già è quasi notte, arriviamo alla Capanna di Fondovalle. Sono le 21 quando arriviamo all'Hotel Dolomiten; gli amici (Lino, Claudio ed altri) sono venuti a prenderci. Arriviamo alla Hirben alle 22! Sorpresa! La Signora Stoll ci ha aspettai e ha riaperto la cucina per farci cenare. Ceniamo in allegria con tutti gli amici che vogliono sapere della nostra impresa ed hanno mille cose da chiedere e noi da racconatre. Ma domani, per favore. Domani quanto volete. Ora, però a letto, a sognare, a rivivere questa indimenticabile giornata.

LA FORCELLA ALTA DI LONGERES

Pubblicato da Roberto Mulinacci 20 gennaio 2010 3 commenti



Era da un pò di tempo che volevo fare qualcosa nel Gruppo delle Tre Cime di Lavaredo e, leggendo il bel libro del Visentini ("Dolomiti di Sesto") avevo maturato l'intenzione di salire sulla Croda del Rifugio, che in quel libro viene presentata come l'unica escursione di difficoltà non alpinistica. Dovrebbe essere un secondo grado e pertanto, fidando (troppo) sulle mie possibilità, pensavo di essere in grado di salire su quella notevole montagna.
La Croda del Rifugio è quella grande quinta di roccia che sovrasta il Rifugio Auronzo, anzi, sono certissimo che molti tra coloro che salgono da Misurina al Rifugio percorrendo la larga strada a pedaggio che indica: "Tre Cime di Lavaredo" scambiano la Croda del Rifugio per una di quelle tre famose cime che invece si vedono appieno (e dalla loro parte più nobile) solo percorrendo la stradina che porta al non distante Rifugio Locatelli.
Per salire sulla Croda del Rifugio (con un dislivello di soli 400 metri) bisogna innanzitutto salire alla stretta Forcella Alta di Longéres e da lì, salire sulla cresta che porta alla cima della Croda, arrampicandosi sulla sinistra.
Bene: convinti i miei amici di mille escursioni Giuseppino e Gaetano, quel bellissimo mattino di Luglio del 2005 partimmo dal Rifugio Auronzo verso quella che doveva essere la nostra meta.
Il sentiero non è indicato; bisogna salire subito dietro il rifugio e cercare di individuare la stretta gola che divide proprio la Croda del Rifugio dalla Cima Ovest di Lavaredo. La gola non è facilmente individuabile dal basso; l'unica cosa da fare è cercare di avvicinarsi alle rocce e scorrerle verso est. Dopo soli quindici minuti però la strettoia è evidente; è ostruita da un grosso masso incastrato che occorre cercare di superare con i propri mezzi. Provando un pò a destra, un pò a sinistra del masso, alla fine riuscimmo a superarlo anche con l'aiuto di un cordino.
Passato il masso (che si sarebbe poi dimostrato un osso duro nella discesa) ecco che ci si aprì davanti la ripidissima salita che porta alla Forcella. Non sembrava niente di eccezionale ma si rivelò subito ostica per le nostre possibilità. La salita si svolge tra due quinte strettissime di roccia, su ghiaie che franano al minimo contatto e la fatica non tarda a farsi sentire.
Ad un certo punto, visti i pochissimi progressi che facevamo nella salita decidemmo di cambiare il programma della nostra escursione: non saremmo saliti sulla Croda del Rifugio accontentandoci di arrivare alla Forcella.
Procedevamo in fila indiana, distanziati gli uni dagli altri di circa quindici metri. Ad un certo punto Giuseppino, che mi precedeva gridò: "Sassi!!" e vidi con terrore una gragnuola di sassi che, smossi dal mio amico, mi venivano addosso da tutte le parti prendendo forza nella caduta e sbattendo nelle quinte di roccia laterali. Mi accucciai a terra tenendo la testa tra le mani ma non potei evitare che un grosso sasso mi colpisse di striscio (fortunatamente) facendomi sanguinare.
Non era un buon viatico. Medicata alla meglio la lieve ferita, io mi fermai per riprendermi mentre gli altri giunsero alla Forcella, poi, dopo che Gaetano abbe scattato alcune foto per documentare quella meta, decidemmo all'unanimità di tornare al rifugio.
Qualche difficoltà ci fu nel superare in discesa il famoso masso ma alla fine potemmo concludere anche quell'escursione. La meta che ci eravamo prefissa non era stata raggiunta e, per quanto mi riguarda, non avevo nemmeno potuto salire sulla Forcella, ma la giornata non era andata persa.
L'esperienza spesso conta più della conoscenza e a me quella fatta quel giorno servì per ricordarmi i miei limiti e la sovranità della montagna che non deve mai essere presa sottogamba.

ARCHIVIO

Pubblicato da Roberto Mulinacci 13 gennaio 2010 0 commenti

















Katerina, Barbara e la Pensione HIRBEN (dove è nato il nostro mitico Gruppo) nel 1997.

ESCURSIONE 6: LA FERRATA DELLA TERZA CENGIA DEL POMAGAGNON

Pubblicato da Roberto Mulinacci 7 gennaio 2010 0 commenti


Era una mattinata che pareva non promettere molto, quel giorno di Luglio del 2007, quando ci apprestammo a compiere la Ferrata del Pomagagnon.
L'escursione era stata programmata da tempo ma poi, per un verso o per l'altro, non eravamo mai riusciti ad intraprenderla; quella volta eravamo decisi, invece, io, Giuseppino e Gaetano e, facendo finta di non guardare al tempo decisamente poco attraente con tutti quei fumi che si alzavano dai monti ed celavano ogni cosa si trovasse intorno a noi, partimmo in macchina imboccando la strada statale per Cortina.
Dunque, si supera Cimabanche, si effettua la grande curva che apre, in discesa, la strada verso Cortina e, superati sia Fiames, sia la deviazione sulla destra per il Camping Olimpia, si scruta sulla sinistra per scorgere il cartello che indica la località di Chiave. Ecco: lì, si imbocca la deviazione e seguendo l'indicazione per l'Istituto Elioterapico si arriva presto all'ampio parcheggio della struttura dove si può lasciare l'auto.
Qualche minuto di smarrimento appena usciti di macchina, perché indicazioni non se ne trovano (almeno noi non ne trovammo) poi Gaetano, cartina alla mano, vide che occorreva scendere leggermente di quota e indirizzarsi verso sinistra per salire quindi verso il grande costolone del Pomagagnon che sovrasta a Est: dopo pochi minuti di salita poco accentuata cominciò a piovere. Diavolo! pensammo (io almeno lo pensai); ma fu cosa di pochi minuti, poi la pioggia cessò e, ancora meglio, capimmo di essere sulla strada giusta.
Uscendo dalle macchie di mugo, dopo una mezz'oretta di salita, ci trovammo proprio in direzione del grande ghiaione che scende dalla Forcella del Pomagagnon. Il sentiero ora diventava sempre più ripido e si procedeva un pò impacciati perché ancora non sapevamo dove andare. Poi, all'improvviso, ecco un cartello segnalatore che, tra tutte le altre destinazioni, indicava anche: Brujà del Pomagagnon; sarà la ferrata, pensammo.
Piovigginava di nuovo a tratti ma ormai decidemmo di proseguire. Il sentiero sale a destra, sotto le rocce e si fa sempre più ripido. Qualche corda fissa aiuta e dà sicurezza, almeno nel primo tratto, ma è il panorama che conta. Infatti la nebbia si era diradata ed era sorto un bel sole: guardandoci intorno restammo stupiti dalla bellezza e dall'importanza del paesaggio. Il sentiero attrezzato percorre la stretta ma comoda cengia che corre proprio sopra l'abitato di Cortina che resta sempre in vista, durante la ferrata, proprio sotto i nostri piedi. Davanti a noi le Tofane, innevate, e lontano, tutte le altre cime che contornano la regina ampezzana. Non sentivamo nemmeno la fatica anche perché la ferrata è corta e, come detto, bellissima paesaggisticamente. L'unico problema è lo stato delle attrezzature; specie negli ultimi tratti sono fatiscenti e spesso disancorate. Invece di dare sicurezza generano un fastidioso senso di pericolo; me ne accorsi quando, verso il termine della salita, essendo l'ultimo a salire fui investito da un subitaneo, breve ma noiosissimo acquazzone. Mi trovai in breve con gli occhiali fradici e le mani che non riuscivano a tenere salda la presa nella roccia bagnata. Attrezzature, corde metalliche? Zero, e pensare che si trattava del tratto più impegnativo della ferrata, proprio quello che porta alla fine della salita vera e propria. La pioggia mi bagnava il viso e non riuscivo a vedere il prossimo appiglio: temetti di scivolare e sudai freddo al pensiero di quella eventualità. Toccò a Giuseppe lanciarmi il capo di un cordino con l'aiuto del quale, in due salti, riuscii a levarmi dalla mia incomoda posizione e a proseguire la salita.
Alla fine di quella rampa, osservammo con disappunto metri e metri di corde metalliche che giacevano abbandonati su un lato del sentiero: arrugginite, inutili.
Alla fine della salita (beh, chiamiamola ferrata) c'è una specie di terrazzino panoramicissimo dal quale si domina tutta Cortina e le montagne circostanti: Il sole, che ormai aveva preso il sopravvento sulla nebbia e sulla pioggia, svelava ogni più piccolo particolare dello stupendo panorama. Il posto era talmente bello (eravamo dietro la Punta Erbing) e invitante che ci fermammo a fare il meritato spuntino di mezzogiorno.
Il percorso gira poi dietro il costolone del Pomagagnon e, procedendo sempre in direzione Sud-Est svela la valle che lo separa dal Monte Cristallo fino alla Forcella di Zumeles da dove ci si riaffaccia sulla Valle del Boite e su Cortina.
Da qui scendemmo fino ad incontrare la traccia (non segnata sulle nostre carte) che, dopo un lungo percorso verso Ovest, prevalentemente nel bosco, ci riportò all'Istituto Elioterapico e quindi al posto dove avevamo parcheggiato l'auto.
L'escursione era terminata con nostra soddisfazione. Il tratto attrezzato, che si snoda lungo la Terza Cengia del Pomagagnon, è assai breve e, come detto, le attrezzature sono in pessime condizioni, ma il panorama, se si imbrocca la giornata giusta, è memorabile. Il dislivello totale non è importante (circa 800 metri), ma il giro circolare è piuttosto lungo e faticoso. Richiede quindi allenamento e una intera giornata dedicata allo scopo.
RM.

Premiazione Fedeltà

Premiazione Fedeltà
30 anni di permanenza alla Hirben.

Il libro "SENESE IN PUSTERIA" è online!!

Il libro che ho scritto sulla nascita e la genesi della mitica "Cordata Hirben" è disponibile (ovviamente gratuitamente) sul web per tutti gli amici della montagna.
E' in formato PDF (circa 1 Mb di grandezza) e può essere scaricato a questo indirizzo:

Senese in Pusteria

Nel caso che si desideri stamparlo su carta, ricordo che è già pronto per la stampa (fronte-retro) su fogli A4. I fogli possono poi essere rifilati in basso tagliando circa 4 cm. di carta prima di essere rilegati in volume.

Saluti,
Roberto Mulinacci.

NOVITA': VIDEO sul Blog!

Il sottoscritto, negli anni che vanno dal 1991 al 1997, amava girare per le montagne dell'Alta Pusteria in compagnia di una videocamera che portava sempre con sé. Adesso, in occasione del riversamento di quelle immagini da videocassetta a DVD, ho estrapolato alcuni clip da quei filmati che ho poi messo in rete su YouTube.
Si tratta di piccole parti filmate in bassa definizione e piuttosto deteriorate nell'audio ma penso che a qualcuno degli amici possa far piacere rivederle in modo da rivivere qualche momento di quei giorni felici e spensierati.
Alcuni filmati saranno incorporati nei post relativi all'avvenimento illustrato in caso di mancanza di altra documentazione.
Comunque per accedere a tutti i clip basta andare su Youtube e cercare:
"Gruppo Hirben".
Saluti,
Roberto Mulinacci

Il Gruppo Storico



Carletto, Luigi, io ed Aldo Lindenfels davanti alle Tre Cime (Luglio 1985)

La FOTO del Mese




La Parrocchiale di Villabassa e Monte Elmo

La "Cordata HIRBEN" - Il Gruppo storico

  • Aldo Amoretti
  • Aldo Lindenfels
  • Claudio Pobbe
  • Domenico Sassoli
  • Francesco Sassoli
  • Gaetano Clerici
  • Giuseppe Bertini (Giuseppino)
  • Giuseppe Longobardo (Giuseppe 2)
  • Lino Sommariva
  • Marco Ruggiero
  • Roberto Mulinacci

La "Cordata Hirben"

Gli amici, tutti ovviamente appassionati della montagna, che si ritrovano ogni anno, in Luglio, per stare insieme ed effettuare le escursioni di cui si parla in questo blog, hanno dato vita, di fatto, ad un gruppo conosciuto come “La cordata Hirben” (dal nome della pensione di Villabassa dove si ritrovarono la prima volta).

Le loro età sono assai diverse, come diverse sono le loro provenienze (si va da Milano a Genova, da Siena a Napoli, da Bologna a Torino); quello che li unisce è l’amore per la natura.

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